Insieme ad Alberto avevo pianificato questo viaggio per Novembre 2009, ma a causa della malattia e conseguente dipartita della madre di Alberto tutto é stato poi rimandato. Mi sento dunque di dedicare questo viaggio alla cara mamma di Alberto, e alla mia, e a tutte quelle mamme che hanno figli lontani da casa e che qualche volta si fanno prendere dall'amarezza di non poterli abbracciare , di non poter scambiare due chiacchiere e trovare un pó di conforto. Siete sempre nei nostri pensieri. Per quanto mi riguarda, cara mamma, l'ultimo pensiero, prima di ogni decollo, va sempre a te. Ti voglio bene.
Perché la Birmania, o Myanmar, come si chiama oggi? Dopo Thailandia, Vietnam, Cina, Indonesia, Malesia, Cambogia e Laos era un passo logico e inevitabile, per quanto mi riguarda. Sembra che sia l'ultimo paese del Sudest asiatico a conservare veramente l'atmosfera che si respirava all'inizio del secolo scorso, anche perché la giunta militare al governo lo tiene isolato e chiuso al resto del mondo. La dittatura dura dal 1962. Con l'apporto della Cina, che ha bisogno di risorse naturali, delle quali il Myanmar é ricchissimo.
Bangkok, 09.05. - 11.05.
L'appuntamento é fissato per la mattina del 10 maggio in un comodo Hotel vicino a Kao San Road, fulcro del turismo "backpacker". Io arrivo la sera del giorno 9 con un volo diretto da Guangzhou, giusto il tempo di cenare e farmi un giro tra bancarelle di cibo thai e ristorantini con musica rock dal vivo. L'atmosfera incomincia a prendermi, e l'adrenalina da viaggio a salire. Alberto, proveniente dal Vietnam, mi raggiunge la mattina dopo, non senza qualche difficoltà visto che nessun tassista aveva la minima intenzione di attraversare la zona ancora calda dalle proteste dei "Red Shirts", movimento anti-governativo che chiede le elezioni anticipate e che ha causato svariati scontri negli ultimi periodi in Thailandia. Alla fine arriva in moto-taxi, distrutto. Usciamo subito per una colazione veloce e andiamo a visitare il palazzo reale. Il caldo eccezionale ci sfianca e arrancando arriviamo a sera. Ceniamo, qualche birra, e poi a letto. Domani sveglia alle 4, si prende l'aereo per Yangon, Myanmar.
Yangon, 11.05.-12.05.
Il viaggio vero e proprio parte dalla ex capitale del Myanmar, Yangon. 6 milioni di persone popolano questa fatiscente metropoli fatta di decrepiti condomini e strade diroccate. Sembra quasi incredibile che in mezzo a tutta questa miseria possa sorgere una meraviglia quale é la Shwedagon Paya, il luogo di culto più sacro ai buddisti birmani, la cui prima costruzione risale a 2.500 anni fa; la "Stupa" (il pinnacolo centrale), di colore dorato é visibile da ogni parte della città, e ne determina il panorama. É alta circa 100 m e il suo culmine é costellato da un vero e proprio tesoro: placcato in oro e ricoperto di migliaia di diamanti, l'ultimo dei quali, il principale, é a 78 carati.
Come tutte le pagode, l'accesso é consentito soltanto a piedi scalzi, il che diventa una specie di tortura, perché il pavimento in marmo, accumulato il calore durante il giorno, é rovente. Bisogna stare attenti, camminare sul marmo bianco significa riuscire a sopportare, per lo meno, ma se ti fai conquistare dalla bellezza della "Stupa", ed é quasi sicuro che succeda, perdi la concentrazione e... finisci sul marmo marrone. E a quel punto sono cazzi: é come mettere un piede su una piastra per grigliare la carne. Mi ritrovo dunque a bestemmiare in un luogo sacro. E mi dico: "Ci sarà un motivo perché tutte le guide consigliano di intraprendere questo viaggio tra ottobre e marzo..."
Il tramonto e il conseguente scuro della subentrata notte sono da incanto. La "Stupa" brilla d'oro contrastando col profondo blu scuro del cielo. La gente cammina intorno alla "Stupa", si ferma, si inginocchia, prega e medita. Scene che si ripetono alla stessa maniera da secoli, ed infatti sembra di vivere, per qualche ora, fuori dal nostro tempo.
Il rapporto che la gente ha con i luoghi di culto da queste parti é molto diverso di come lo si interpreta da noi: sono visti, oltre che come spazi dove esprimere il proprio credo anche come punti di svago, dove incontrarsi, socializzare, discutere, o più semplicemente dove riparare e rilassarsi durante le ore più calde della giornata.
Lasciamo Yangon il giorno successivo al nostro arrivo, con la Shwedagon ancora ben stampata nella nostra mente.
Yangon - Kyaiktiyo, 12.05.-13.05.
Partiamo presto, verso le 8 di mattina, in direzione Kyaiktiyo, paesino che si trova a Est da Yangon, e che fa da base per escursioni giornaliere ad un altro luogo di pellegrinaggio molto caro ai buddisti locali: il Golden Rock, un enorme masso, completamente dorato, e che si trova in bilico su una roccia in cima al Monte Kyaiktiyo. La leggenda narra che sia un capello del Buddha a tenere in equilibro la roccia. (non so perché ma appena l'ho letto nella Lonely Planet mi é venuto in mente il detto: "tira più un pel de f.... che un carro di buoi..." Non c'entra niente, lo so, ma la mia mente viaggia anche in questi momenti mistici)
Il viaggio in macchina, ovviamente SPROVVISTA di aria condizionata, ci dá il secondo assaggio di caldo asfissiante che si respira in questo periodo in Myanmar. I monsoni tardano a venire e la siccità incomincia a flagellare il paese, mentre la temperatura supera gran parte della giornata i 40 gradi. E il viaggio é durato piú di 5 ore.
Arriviamo a Kyaikto nel primo pomeriggio, ripariamo dall'afa nella nostra stanza nel spartanissimo albergo locale. Il problema é che a causa della siccità la corrente elettrica viene staccata per svariate ore, e dunque niente aria condizionata, niente ventilatore elettrico. E questo significa soffrire. Madido di sudore mi addormento per qualche decina di minuti, per essere poi svegliato dal magico rumore del ventilatore che riprende a funzionare. Un sogno. Che dura 10 minuti. Ristaccano la corrente, e si riinizia a soffrire.
In serata facciamo un giro per il villaggio, scattiamo qualche foto, beviamo qualche birra Myanmar, ceniamo con del riso e dello stufato di cervo e conversiamo con la nostra guida e suo figlio, che per l'occasione ha intrapreso con noi questo viaggio. Poi a letto, il giorno dopo la sveglia suona alle 5.
Golden Rock 13.05.
Partiamo dunque presto per la salita del monte Kyaiktiyo, prima mezzora di camion, il cui cassone é stato riadattato a trasporto persone (per farmi capire sembriamo dei campesinos che vengono portati al lavoro...). Poi si prosegue a piedi per un ripido sentiero in cemento fino a raggiungere la vetta a 1.200 m di quota. Risultiamo essere gli unici stranieri a visitare il masso, insieme a qualche decina di pellegrini/turisti birmani. Come faccia a stare in bilico questo enorme dorato macigno é veramente impressionante (il pelo! il pelo!). Contempliamo, scattiamo foto, e ci facciamo trasportare dalla rilassante liturgia buddista cantata da una giovane pellegrina birmana.
Si ritorna alla base per ripartire subito, in macchina, direzione Taungoo, stazione intermedia per raggiungere il Lago Inle, prossima tappa importante sul nostro itinerario. L'autostrada deserta si staglia attraverso un paesaggio omogeneamente arido e saturo di caldo, mentre i finestrini aperti scaricano sul viso folate di aria torrida. Non ci si lamenta mai, perché questo fa parte del viaggio. Ci si prende per il culo a vicenda, questo si. Perché anche questo fa parte del viaggio.
Taungoo - Nyaungschwe, Inle Lake, 14.05.
8 ore di macchina per arrivare a Nyaungschwe, villaggio nei pressi del lago Inle, altra meta importante per il turista che visita questo meraviglioso paese. Durante il viaggio, fatto su strade che é una bestemmie chiamare tali, ci colpiscono le bambine, per lo piú dai 10 anni in su, che lavorano al rattoppamento della strada, trasportando a spalla la ghiaia che va a fare da sottofondo all'asfalto. E la maggior parte, tra il caldo del bitume bollente e quello della giornata afosa, il peso della ghiaia sulle spalle, ti regalano un sorriso che ti spezza il cuore. Quanto vorrei far vedere a certi bambocci viziati come vivono i loro coetanei da queste parti...
Alle porte di Nyaungschwe facciamo visita ad un monastero. E qui ci si presenta una scena che rimarrà per sempre nella mia mente: nella stanza principale dell'antico monastero in legno rossiccio, con gli ultimi raggi di sole che si fanno strada attraverso le imposte aperte, si sono raggruppati i novizi non ancora adolescenti, che sotto lo sguardo attento del monaco, seduto sull'unica sedia, ripetono i mantra sovrapponendo le loro voci, creando un armonica litania. Sono stati dei minuti che mi hanno emozionato, incantato, quasi ipnotizzato.
Nyaungschwe: cittadina tranquilla, qualche vecchia pagoda con un certo fascino decadente; qualche ristorantino, un silenzio serale interrotto dalla galoppata di un cavallo col suo calesse che passa, musica tradizionale birmana in sottofondo. E ci ritroviamo ancora una volta persi nel tempo.
Lago Inle, 15.05.
Visitiamo il lago a bordo di una specie di canoa motorizzata, molto simile ai longboat thailandesi, per intenderci. Scattiamo foto, osserviamo i pescatori, visitiamo alcune manifatture che fabbricano argento, sigari, una tessitura, un monastero, tutto sul lago tramite un sistema di case a palafitta. Il ritmo della vita qui é dettato dal lago stesso, che nutre direttamente e indirettamente la gente che lo abita. Ci sono addirittura degli orti galleggianti, dove vengono coltivati pomodori, cetrioli, e altra verdura. Assistiamo alla pesca, eseguita ancora in modo tradizionale tramite un cesto/rete.
Sulla via del ritorno si guasta il motore della nostra canoa, e ci fermiamo da un meccanico nei paraggi. Ci sistema il motore in un ora, mentre dormiamo appisolati dentro la canoa. Ritorniamo in albergo col sole che incomincia a perdere un pó del suo vigore, fortunatamente.
Anche questa sera, come ogni sera, cena e qualche birretta Myanmar per riprendere le forze. E per sparare qualche cazzata.
Nyaungschwe - Bagan 16.05.
Oggi é il mio compleanno. E spero che l'Inter stasera mi faccia il regalo: il Due Titulo. Vediamo se trovo una TV che faccia vedere la partita, visto che Internet qui é ancora un miraggio, a parte qualche internet point, la cui connessione non permette neanche di collegarsi in Skype...
Partenza alle 7,30 di mattina. Arrivo alle 17,00. Culo rotto, pieni di polvere, e sudati fino a parti del corpo che mai vedono la luce del sole. E non riesco ancora a capire come faccia il nostro autista/guida, Soe, ad arrivare con la camicia nello stesso identico stato, e cioè ben stirata, della partenza. Mai un capello fuori posto. Non una goccia di sudore. É un mistero.
52 anni, 3 figli maschi, Soe parla un discreto inglese, é molto simpatico ed estremamente educato nei modi. Veste sempre in camicia chiara a maniche lunghe e "longyi", la gonna lunga tradizionale che portano la maggior parte dei maschi birmani. Buono d'animo, parla volentieri del suo paese e dei problemi che lo affliggono. In quei momenti i suoi occhi gentili si riempiono di malinconica rassegnazione. Non puoi non voler bene a questa gente, che si ingegna in diversi lavori per poter dare una vita decorosa alla moglie e un istruzione decente ai figli.
Lo straniero, in Myanmar, viene visto un po’ come in Laos, con amichevole interesse. A differenza di altri paesi, qui il sorriso é veramente genuino. Ti sorridono le bambine che asfaltano la strada, i novizi in monastero, il coltivatore di zucchero di palma. Tutti. É una semplicità d'animo che ti prende e che ti fa innamorare a questo paese, il cui destino, purtroppo non sembra proiettato verso un miglioramento.
Bagan: 4.400 pagode sparse per un territorio di ca 70kmq. Un incanto, equiparabile ad Angkor Wat in Cambogia. Scattiamo un paio di foto prima del tramonto, poi check-in veloce in Hotel, cena e poi alla ricerca di un accesso a internet. Niente. Chiedo se é per lo meno possibile trovare un posto dove effettuare una chiamata internazionale. Niente. Sia Alberto che io attendiamo i risultati del campionato italiano. Nervosi si torna in albergo. Accendo la TV, faccio un giro dei canali e con nostra grande sorpresa trovo il canale internazionale della Rai!!! Contenti aspettiamo il telegiornale. Niente. Servizio su Fatima. Ma vaff... Passano 2 ore e ancora niente. Solo la Rai può avere un servizio internazionale del genere. Da vergognarsi. Dopo 3 ore circa giunge la favolosa notizia: campioni d'Italia. E finalmente mi posso addormentare tranquillo.
Bagan, 17.05. - 18.05.
Visita mattutina di alcune pagode e monasteri, acquisti di souvenir vari per accontentare le frotte di bambini che ci tartassano con banconote vecchie, cartoline, quadri. Pomeriggio di relax nella piscina dell'albergo, aspettando il calare della sera che ci regala un cielo nuvoloso ma carico di colori.
Brutte notizie da Bangkok, la rivolta si é riversata nel sangue e al momento si contano già 36 morti e 200 feriti. Tra una settimana dovremmo essere li. Si spera in una distensione.
Bagan - Sagaing - Amarapura - Mandalay 19.05. - 21.05
Viaggio abbastanza corto (4 ore circa) su una strada a tratti sterrata - a tratti asfaltata, se cosí si puó definire quella sottile lingua fatta di buche con l'asfalto intorno.
Sagaing: localitá nelle vicinanze di Mandalay, moltissime pagode, una collina da cui si ha il panorama su tutta la zona. Nulla di rilevante.
Amarapura: qui si trova il ponte in teak piú lungo del mondo, 1.200 m costruito piú di 200 anni fa. Ci fermiamo per scattare qualche foto e mangiare qualche cosa. Ripartiamo per Mandalay.
Mandalay: cittá caotica, molto simile ad una qualsiasi cittadina vietnamita o cinese, con costruzioni poco attraenti, un traffico abbastanza caotico, e la gente sembra anche meno amichevole, ma forse questa é solo una nostra impressione. Visitiamo il villaggio antico di Mingun, arrivandoci in battello. Nulla di rilevante anche qui. Forse lo splendore di Bagan ci ha viziato. La sera ceniamo con "chappati" e pollo al curry, cibo tipicamente nepalese ma anche molto popolare qui in Birmania. Il punto di ristoro, due piastre, un forno, 6 tavoli con sedie in plastica, il tutto installato su un marciapiede, ci offre sprazzi di vita quotidiana, mentre il mio braccio tatuato diventa una specie di attrazione per i giovani presenti.
Nel frattempo, grazie ad una lentissima connessione Internet apprendo notizie sempre peggiori da Bangkok, dove atterreremo il 23 mattina. Dirotteremo su Krabi, sperando di non incontrare grossi problemi. Brutto a sentirsi: gente che muore per strada, e io che mi preoccupo di arrivare senza grossi problemi in spiaggia per passare una settimana di relax.... ma vivendo in Asia da piú di 4 anni, essendo a contatto con la gente del posto, ho bene a mente quali sono i problemi reali e seri che affliggono queste persone. Cambiano i paesi, Vietnam, Thailandia, Myanmar, Cina, ma le problematiche sono le stesse: la ricchezza in mano a pochi, servizio sanitario e scolastico o molto scarsi o troppo cari, corruzione... E qui in Birmania in particolare, il desiderio di darsi una vita dignitosa é un urlo silenzioso, un urlo a denti stretti, che é molto difficile da non sentire.
Yangon, 22.05.2010
Di ritorno a Yangon abbiamo preso una stanza in un albergo dove ci hanno assicurato che si vedrá la finale di Champions League. La tensione sale. Forza Inter!
Ultima sera a Yangon, cena con la meravigliosa famiglia di Soe in un ristorante che offre carne e pesce alla griglia. Tutto delizioso. Per strada passiamo davanti alle ville dei figli dei generali. In particolare ci colpisce una: dai cancelli scorgiamo 3 ferrari, qualche BMV, Mercedes. Gente che muore di fame, e questi figli di puttana vivono come degli sceicchi detenendo in mano tutto il business. Nausea. Non ci facciamo rovinare la serata e la passiamo nel migliore dei modi insieme a Soe, a sua moglie e a due dei suoi figli. Dopo la terza birra ci chiede: "ma voi sentite la birra? perché io sono giá ubriaco"... hai voglia Soe, ce ne vogliono almeno altri due camion!
Si torna in albergo, perché adesso c'é l'Inter.
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CAMPIONI!!!!!
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Yangon, 23.05.2010
Lasciamo la Birmania, salutiamo Soe e la famiglia con il cuore gonfio di malinconia.