mercoledì, maggio 20, 2009

Phnom Phen

Ora so perché Phnom Phen un tempo veniva chiamata la Perla d'Oriente. Di certo i terribili fatti della sua storia recente l'ha messa a dura prova, ma secondo me conserva ancora un fascino tutto suo, di città tipica dell'Indocina, con questo suo mix di architettura coloniale francese, di pagode, templi e palazzi in stile khmer, con questo suo frastuono di motorini per le strade, i suoi ristorantini di ogni genere lungo il Tonle Sap River, i suoi baretti pieni di ragazze pronte a vendersi al miglior offerente, con frotte di cambogiani che offrono visite guidate della cittá, marijuana, oppio, cocaina, puttane, ecc. Visitandola si viene catapultati in uno di quei libri scritti dai corrispondenti di guerra che allora popolavano queste zone. 





Io ho letto molti libri, visto molti documentari e film sui conflitti dell'Indocina. Non so perché ma fin da quando ero ragazzino questo tema mi ha sempre affascinato, nel bene e nel male. La tesina delle medie l'avevo incentrata sul conflitto in Vietnam. E infatti da "grande" sono venuto a vivere in questa parte del mondo. Bene, come ho detto prima sul tema delle guerre in Cambogia e Vietnam sono molto preparato. Ma visitare Tuol Sleng, l'ex scuola convertita durante il regime dei Khmer Rossi a luogo di detenzione e tortura per i "nemici della rivoluzione", la famigerata S21, é una cosa a cui ti puoi preparare quanto vuoi, ma rimarrai sempre scosso, turbato, svuotato. Ti trovi dentro queste celle dove inermi esseri umani venivano incatenati, spogliati, violentati, torturati, uccisi. Ti trovi di fronte alle brande dove venivano perpetrate le peggiori cose immaginabili, puoi toccare con mano gli strumenti di cui si servivano questi ragazzini diventati mostri durante gli interrogatori. Ti trovi di fronte a pareti con le foto di identificazione delle vittime. Uomini, vecchi, donne, bambini. Tutto documentato minuziosamente dai loro aguzzini. In qualche modo senti le urla riecheggiare dentro i corridoi. La cosa che lascia ancora piú turbati é che alla fine tutto questo orrore non ha trovato ancora giustizia, visto che si parla di 20mila Khmer Rossi mai processati. Si sanno nomi e cognomi, ma nessun tribunale ha ancora reso giustizia alle oltre 3 milioni di persone morte ammazzate dal regime Pol Pot. Morte ammazzate a colpi di macete, morte di fame, o di sete, di stenti, di malattia. L'essere umano ha delle punte di cattiveria difficili da immaginare. E per questo la gente tende a dimenticare e anon trarre insegnamento dal nostro passato pieni di sbagli e orrori.




Da visitare, oltre che la succitata prigione S21, che ora é un museo al genocidio, consiglio il palazzo reale, il Wat Phnom, pagoda da cui prende il nome la cittá, e il museo della civiltá khmer, per ammirare i fasti del passato di questa un  tempo grande civiltá. La sera fate un giro lungo il Tonle Sap River, lungo la Sisowath Quay. Troverete tanti bei ristorantini all'aperto dove assaporare una calda, umida notte indocinese.




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