Sono passati 6 mesi.
Ho ancora in mente, come fosse un film registrato, il momento del primissimo check-in a Monaco, 5 febbraio 2006: dopo aver abbracciato Giovanni e Didi, a due passi dalle lacrime, ho fatto passare, non senza titubanza, i miei bagagli al controllo. (da gran coglione poi mi sono dimenticato del coltellino svizzero che avevo in tasca…. bella figura. bravo. complimenti…) Poi mi sono voltato e ho salutato i miei due amici e pian piano abbiamo preso due direzioni diverse: loro verso casa – io verso l’aereo che mi avrebbe condotto in Asia. Che sensazione strana ho provato. Irreale. Come un’allucinazione, una sbornia (a parte che la sera prima avrò bevuto sui 4 litri di birra al torneo in palestra organizzato dalla mia squadra di calcio….). Sentivo un po’ di insicurezza e smarrimento. Ma ad un certo punto tutto questo è svanito. Avevo passato il cosiddetto cancello. E da qui in poi tutto è stato più naturale: rinfrescare e migliorare il mio inglese, imparare una nuova professione, vivere a contatto con mentalità e culture diverse, vivere lontano da famiglia e amici, integrarmi in un contesto sociale completamente differente. Certo, non è stato tutto una passeggiata, ma anche le difficoltà le affrontavo con maggiore stimolo e voglia. Non che prima fossi una persona completamente assorbita dal lavoro e dal consumismo, anzi…. ma certamente questa esperienza ha rafforzato notevolmente il significato che davo o do alla vita: avevo completamente dimenticato le parole stress, scadenze, tasse, bollo, assicurazione, macchina, fretta… e liberatomi di questi pensieri ho incominciato a sentirmi leggero. Rilassato. Libero. Soprattutto libero. Mi svegliavo la mattina con una leggerezza d’animo mai provata. Andavo in spiaggia. Da solo. E godevo della solitudine di quei momenti. Si, perché in questi mesi ho imparato a stare bene anche da solo, ad apprezzarmi come mio unico compagno. Forse avevo proprio incominciato a stare bene con me stesso.
Leggevo, nuotavo, prendevo il sole, ascoltavo musica, chiacchieravo, conoscevo gente, e lavoravo. Senza fretta e senza stress. Con più voglia e più energia.
Affermare che questa esperienza mi ha cambiato forse non è corretto, perché secondo me ha solo tirato fuori quello che sono veramente. E mi ha fatto apprezzare nuovamente cose che avevo dimenticato o messo da parte nel mio cervello.
Poi, ragazzi miei se mi sono divertito! Tantissimo! E l’avventura continua...
Ho ancora in mente, come fosse un film registrato, il momento del primissimo check-in a Monaco, 5 febbraio 2006: dopo aver abbracciato Giovanni e Didi, a due passi dalle lacrime, ho fatto passare, non senza titubanza, i miei bagagli al controllo. (da gran coglione poi mi sono dimenticato del coltellino svizzero che avevo in tasca…. bella figura. bravo. complimenti…) Poi mi sono voltato e ho salutato i miei due amici e pian piano abbiamo preso due direzioni diverse: loro verso casa – io verso l’aereo che mi avrebbe condotto in Asia. Che sensazione strana ho provato. Irreale. Come un’allucinazione, una sbornia (a parte che la sera prima avrò bevuto sui 4 litri di birra al torneo in palestra organizzato dalla mia squadra di calcio….). Sentivo un po’ di insicurezza e smarrimento. Ma ad un certo punto tutto questo è svanito. Avevo passato il cosiddetto cancello. E da qui in poi tutto è stato più naturale: rinfrescare e migliorare il mio inglese, imparare una nuova professione, vivere a contatto con mentalità e culture diverse, vivere lontano da famiglia e amici, integrarmi in un contesto sociale completamente differente. Certo, non è stato tutto una passeggiata, ma anche le difficoltà le affrontavo con maggiore stimolo e voglia. Non che prima fossi una persona completamente assorbita dal lavoro e dal consumismo, anzi…. ma certamente questa esperienza ha rafforzato notevolmente il significato che davo o do alla vita: avevo completamente dimenticato le parole stress, scadenze, tasse, bollo, assicurazione, macchina, fretta… e liberatomi di questi pensieri ho incominciato a sentirmi leggero. Rilassato. Libero. Soprattutto libero. Mi svegliavo la mattina con una leggerezza d’animo mai provata. Andavo in spiaggia. Da solo. E godevo della solitudine di quei momenti. Si, perché in questi mesi ho imparato a stare bene anche da solo, ad apprezzarmi come mio unico compagno. Forse avevo proprio incominciato a stare bene con me stesso.
Leggevo, nuotavo, prendevo il sole, ascoltavo musica, chiacchieravo, conoscevo gente, e lavoravo. Senza fretta e senza stress. Con più voglia e più energia.
Affermare che questa esperienza mi ha cambiato forse non è corretto, perché secondo me ha solo tirato fuori quello che sono veramente. E mi ha fatto apprezzare nuovamente cose che avevo dimenticato o messo da parte nel mio cervello.
Poi, ragazzi miei se mi sono divertito! Tantissimo! E l’avventura continua...
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